Icone: tecnica
La fase pittorica
Dopo la doratura, una buona fase di asciugatura e l’eliminazione dell’oro eccedente, si può cominciare a dipingere.
Emulsione all’uovo e pigmenti
Si versa in un bicchiere un tuorlo d’uovo interamente liberato dall’albume, che rischierebbe di fare screpolare il colore; si aggiunge vino in proporzione 1 a 3 e si mescola bene, unendo anche qualche goccia di essenza di lavanda (per evitare il deterioramento dell’emulsione). Essa deve essere ben agitata e conservata in un barattolo ben chiuso. Servirà da legante per i colori.
I colori fondamentali nell’iconografia sono le terre (cioè colori minerali) e i colori organici naturali. I colori artificiali sono impiegati solo in via secondaria.
Così come per la composizione ed il disegno l’iconografo non si attiene che al significato di ciò che raffigura, per i colori egli si regola unicamente in base ai principali significati simbolici per le vesti dei personaggi e, naturalmente in base ai dati della realtà (per esempio, i capelli scuri o grigi).
I colori sono polveri finissime legate con l’emulsione all’uovo diluita preparata in precedenza. (…) Questi colori rappresentano una materia pittorica estremamente preziosa e comoda. Essi permettono di lavorare per tocchi più densi, come per velature più diluite, e anche di combinare queste due modalità nelle loro infinite varianti. Asciugano velocemente come l’acquarello e questo consente un lavoro rapido; tuttavia non si cancellano altrettanto facilmente, la loro solidità aumenta con il tempo e resistono molto meglio dei colori a olio o all’acquarello alla decomposizione chimica causata dalla luce.
Gli incarnati
Il principio iconografico di creazione delle forme pittoriche differisce sostanzialmente da quello della pittura ad olio. La modellatura del volume procede dagli strati più scuri fino a quelli più chiari. Tutto il lavoro comincia con la copertura della superficie con toni scuri, con graduali schiarimenti negli strati successivi che fanno emergere le parti in rilievo. Un fondamentale procedimento tecnico della raffigurazione delle parti scoperte del corpo - il volto, le mani e i piedi (la scrittura “ličnaja”) - era il metodo del sankir, descritto nei manuali iconografici graci. Prokladka (in greco Proplasmos) è il nome del fondo di incarnato che serve come base per le seguenti fasi che modellano le forme.
Le ultime ricerche tecnologiche sulla realizzazione della scrittura degli incarnati hanno mostrato che i maestri bizantini e russi, già nei primissimi tempi adottavano ampiamente i “laghi di colore” (pittura a laghetto), con cui venivano stesi i singoli strati dell’okrenie. Questo creava un ulteriore effetto ottico di un corpo vivo, spirituale.
Il processo di modellatura del volume sulle parti sporgenti illuminate si completava con un colore carnicino estremamente chiaro, con delle lumeggiature pallide e con arrossamenti cinabro (con una mescola di cinabro, ocra chiara e biacca). Passate sopra tutti gli strati precedenti davano un rosso delicato anche sulle parti non illuminate, dando così l’effetto di un’ombreggiatura calda, che alla fine rinforzava la forma pittorica dell’incarnato, aggiungendole un aspetto vibrante ed espressivo. Le parti pittoriche in ombra erano lasciate del colore del sankir, a volte anche rinforzando con un’aggiunta di sankir e di rosso scuro le linee di contorno (sulla palpebra superiore, agli angoli degli occhi, nel contorno del naso).
Le parti più sporgenti erano ulteriormente marcate con i “tratti vivi”: dei sottili tratti bianchi che seguono le forme e che si trovano in corrispondenza ai punti dove batte la luce, dati con la biacca quasi pura.
Dall’ombra alla luce
C’è un significato proprio di tale metodo, strano agli occhi di una persona dei tempi moderni, per realizzare la “scrittura” di una icona, in cui l’artista passa dallo scuro al bianco. Come notano tutti gli antichi manuali, l’iconografo non scriveva, non componeva, ma “scopriva” l’immagine, rendendo visibile ciò che già esisteva, ma era invisibile; per questo egli sempre cominciava dal “niente” - dal caos e dal non essere - dalle tenebre, cioè dai toni più scuri, invisibili e indefiniti, e gradualmente si muoveva verso la luce, schiarendo l’immagine fino alle ultime luci bianche – bagliori della luce divina.
In questo modo egli seguiva i comandamenti evangelici e la rivelazione divina: “Dio è luce, e in Lui non ci sono tenebre” (1Gv 1,5), “Le tenebre stanno diradandosi e già appare la luce vera” (1Gv 2,8), “Un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore” (Ef 5,8) (cfr. I. A. Šalina, La tecnica dell’icona e il suo simbolismo, traduzione dal russo in “Ubrus” n°4).
Iscrizione e finiture Si completa infine l’icona con le necessarie iscrizioni e si lascia asciugare per più giorni. |